sex work contro Twitter Umberto Macchi

La crociata anti-porno e sex work contro Twitter

L’organizzazione NCOSE ha fatto causa a Twitter, ultimo baluardo delle piattaforme social che ospitano contenuti per adulti.

Su Twitter è ancora possibile pubblicare contenuti per adulti, e qui il porno coesiste con tutto il resto: è possibile trovare una comunità, organizzarsi politicamente, condividere informazioni sull’industria e promuovere il proprio lavoro, anche se siamo sex worker, poiché non si corre il rischio di essere segnalati o sospesi. Tuttavia, NCOSE (National Center on Sexual Exploitation), che conduce campagne contro la pornografia, ha citato in giudizio il celebre social con l’accusa di legittimare il traffico di esseri umani e di trarne profitto. Vediamo perché e come è andata.

Le accuse di NCOSE

All’inizio del 2021 NCOSE ha sporto denuncia contro Twitter sostenendo che il social network “permette a traffico di esseri umani e distribuzione di contenuti di abusi su minori di prosperare sulla sua piattaforma, traendo dunque profitto e valore dagli stessi”. Nella causa legale, NCOSE porta l’esempio di due uomini che, all’età di 13 anni, sono stati manipolati e coinvolti in uno scambio di video e immagini sessuali su Snapchat, video che poi sono poi stati pubblicati anche su Twitter. Nonostante i tentativi di rimozione da parte della polizia, i tweet sono rimasti online per nove giorni, accumulando 167.000 visualizzazioni e 2.223 retweet. Il consulente legale di NCOSE ha dichiarato in merito alla vicenda che “Twitter dovrebbe rispettare la sua stessa politica zero tolleranza ed eliminare tutto il materiale che mostra abusi su minori, cosa che al momento non fa. In aggiunta, suggeriamo che Twitter elimini tutte le immagini predatorie”. La causa legale di NCOSE si concentra sul problema specifico degli abusi su minori, ma l’organizzazione, in realtà, mal tollera qualsiasi forma di sex work e intrattenimento per adulti, poiché convinta che sia praticamente impossibile, su Twitter, non cadere in contenuti pornografici: “Twitter è pieno di pornografia che reitera miti sullo stupro, normalizza lo sfruttamento di temi come relazioni tra persone adulte e adolescenti, incesti e rafforza stereotipi sessuali a sfondo razziale degradanti. Tra questi anche annunci di prostituzione via webcam e incontri di persona […] [Twitter è diventato] un porto sicuro e un rifugio per persone attratte dai minori, trafficanti di esseri umani e discussioni sullo sfruttamento sessuale di minori come fenomeno che includono lo scambio e la diffusione di materiale abusivo”. Insomma, si è scatenata a tutti gli effetti una vera campagna mediatica contro Twitter, promossa anche dall’hashtag #CleanUpTwitter.

La difesa di Twitter

Saltando dall’altra parte della barricata, però, bisogna dire che la cosa non sembra proprio rispondere al vero: Twitter ha infatti strumenti di controllo che permettono agli utenti di filtrare i contenuti sensibili, tra cui quelli sessuali. Gli utenti che caricano contenuti del genere, inoltre, devono segnalarli come tali, o rischiano la sospensione o l’eliminazione dell’account. Pare anche che la piattaforma abbia incrementato le regole contro la nudità non consensuale, la condivisione di informazioni private e lo sfruttamento sessuale di minori. Il portavoce legale del noto social network ha dichiarato che: “Twitter non tollera qualsiasi materiale mostri o promuova lo sfruttamento sessuale di minori. Combattiamo con veemenza l’abuso di minori online e abbiamo investito ampiamente in tecnologie e strumenti che ci permettono di farlo. Il team lavora per prevenire azioni improprie e assicura che l’azienda faccia tutto il possibile per eliminare contenuti, facilitare indagini e proteggere i minori da danni, sia online che offline”.

E le altre piattaforme?

Nel 2020, NCOSE ha appoggiato una campagna per “chiudere” Pornhub, gestita dall’organizzazione Exodus Cry; dopo la campagna e un articolo sul “New York Times” sul presunto traffico sulla piattaforma, Mastercard e Visa hanno sospeso il servizio al sito. Nel 2021, OnlyFans ha annunciato di voler bandire i contenuti sessualmente espliciti dal sito a partire dall’ottobre successivo, ma poi ha fatto marcia indietro, dicendo che il piano era sospeso. La reazione di NCOSE è stata quella di proporre una nuova indagine sul caso. Facebook e Instagram hanno limitato severamente i contenuti per adulti, spesso pure esagerando e facendo piazza pulita anche di contenuti vagamente allusivi o patinati. Ora il ciclone anti-porno vuole “spazzare via” anche la supposta “libertà di espressione” degli artisti del sesso su Twitter. Ma i sex worker che usano il social network per promuovere il proprio lavoro (soprattuto nei due ultimi anni pandemici) non ci stanno e si dimostrando preoccupati e spaventati da questa prospettiva.

La diatriba in tribunale

Presentando una mozione per l’annullamento della causa, un giudice ha ordinato di far cadere quasi tutte le accuse contro Twitter, dato che la piattaforma è protetta ai sensi della Sezione 230 del Communications Decency Act, ma ha però concesso l’avanzamento di una in particolare: Twitter “beneficerebbe” del traffico sessuale.

“È uno sviluppo preoccupante per le piattaforme online che faticano a contrastare abusi commessi da utenti”, ha risposto l’avvocato Lawrence Walters, il cui studio Walters Law Group è specializzato in servizi legali legati all’intrattenimento per adulti. “L’accusa di beneficio è esattamente ciò che il paragrafo 230 dovrebbe prevenire. Eppure, per via del FOSTA, le accuse civili di traffico sessuale possono essere estese contro le piattaforme online che non hanno un coinvolgimento diretto con chi compie l’abuso e chi lo subisce. Twitter rischia ora un processo perché la legge FOSTA ha eliminato l’immunità di cui godevano prima i fornitori di servizi online”.

C’è da ammettere che le pratiche di moderazione di Twitter sono effettivamente ben lontane dall’essere perfette o adeguate al problema: il social network è lento a reagire agli abusi e ha problemi concreti di violenza e discriminazione. Come si è visto con Pornhub, OnlyFans e qualsiasi altro sito preso di mira da organizzazioni anti-traffico e anti-sesso con accuse legali e pressione pubblica, bisognerebbe comunque prestare attenzione a come precedenti legali possano condizionare la realtà materiale di comunità marginalizzate online.

Le opinioni dei sex worker

Gli artisti del sesso utilizzano Twitter per portare gli utenti sulle loro piattaforme vietate ai minori di 18 anni. Se Twitter si piegasse alla pressione delle organizzazioni che lo attaccano e attuasse un giro di vite contro i contenuti espliciti, le ripercussioni per le persone che utilizzano il sito per promuoversi potrebbe essere serie: “Twitter è l’unico social mainstream che permette contenuti espliciti. Per questo, è perfetto per convertire follower in fan paganti”, spiega Ella Barnett, creatrice di contenuti per adulti. “Posso portare i follower di altre piattaforme su Twitter, dove posso pubblicare teaser e link. Su siti come TikTok o Instagram devo essere incredibilmente discreta per evitare di perdere il profilo. Twitter è l’unico sito dove posso promuovermi senza il rischio di farmi sospendere”. Mistress Harley, una tech dominatrix, spiega che il problema della moderazione dei contenuti per adulti su Twitter sta nella responsabilizzazione. “La pornografia non è illegale né proibita per legge negli USA, quindi non vedo perché le piattaforme debbano mettere al bando contenuti per adulti legali solo per colpa di quelli illegali”.

Come andrà a finire?

Non ci sono ancora certezze sulla causa legale e se finirà o meno con l’esclusione di chi fa sex work da Twitter, o se la pornografia sarà davvero bandita in toto. Tuttavia, va detto che, nonostante tutte queste “crociate” anti-porno, i materiali legati ad abusi su minori proliferano lo stesso e fermarli non è proprio un gioco da ragazzi. E allora? Cosa fare? Mettere in atto politiche ancora più rigide, oppure concedere più libertà agli utenti (cercando di punire i malintenzionati)?

Non è certo Twitter il problema cardine dell’accesso al porno da parte dei minori, né del mercato pedo-pornografico. I suoi filtri in effetti, secondo me, funzionano benissimo.

In materia di violenza, discriminazione o pornografia, il vero dramma è di internet in generale. Non certo di Twitter!

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