Alfabetizzazione digitale

L’alfabetizzazione digitale e informatica non ferma la disinformazione. Oppure sì?

Riconoscere le fake news non significa automaticamente evitare di condividerle. Ma sconfiggere l’analfabetismo digitale sarebbe già un buon punto di partenza per navigare bene nella nostra realtà.

Per alfabetizzazione digitale si intende la capacità di utilizzo dei nuovi media, che dà la possibilità
di partecipare in modo attivo a una società sempre più digitalizzata. Con analfabetismo digitale,
quindi, ci si riferisce al fatto di non saper usare i nuovi strumenti tecnologici in linea generale: saper
usare una macchina fotografica digitale è alfabetizzazione digitale, ma usare bene un computer è
alfabetizzazione informatica. Per analfabetismo informatico, infatti, si intende l’incapacità delle
persone di operare mediante un computer, di leggere, scrivere e reperire criticamente informazioni
in Internet. Un analfabeta informatico non è solo chi non conosce la tecnologia, ma anche chi ignora
la terminologia di settore, essendo questa ampiamente utilizzata da tutti i mezzi di comunicazione di
massa. L’analfabetismo informatico è una diretta conseguenza di quello digitale.

Analfabetismo digitale/informatico e disinformazione online

Secondo le statistiche, il totale italiano di analfabetismo informatico sarebbe il 79%, e solo il 21%
avrebbe un’alfabetizzazione adeguata. L’analfabetismo informatico, si pensa, crea un terreno fertile
per la disinformazione online (e di conseguenza anche offline): chi non ha competenze digitali può
essere più suscettibile a credere a informazioni false e condividerle. Dunque, le persone meno
alfabetizzate digitalmente possono svolgere un ruolo significativo nella diffusione della
disinformazione. Eppure, pochissime ricerche hanno effettivamente studiato il legame tra
l’alfabetizzazione digitale e la propensione a credere a informazioni false. Ancora meno si è
compreso il potenziale legame tra l’alfabetizzazione digitale e ciò che le persone condividono sui
social media. In questo senso, la definizione “alfabetizzazione digitale” non si riferisce solo al
possesso delle competenze digitali necessarie per reperire efficacemente informazioni online, ma si
concentra specificamente sui social media, se e come le persone capiscono in che modo le
piattaforme decidono cosa mostrare nei newsfeed.
Secondo uno studio condotto da David Rand, professore di scienze cognitive e del cervello al
Massachusetts Institute of Technology, l’alfabetizzazione digitale è effettivamente un buon
predittore della capacità di discernere le informazioni accurate da quelle false. Entrambe le misure
di alfabetizzazione digitale sono risultate indipendentemente predittive della tendenza dei
partecipanti allo studio a considerare le notizie reali più accurate di quelle false. Eppure, quando

hanno esaminato il legame tra l’alfabetizzazione digitale e la volontà di condividere informazioni
false con altri attraverso i social media, i risultati sono stati diversi. Le persone con una maggiore
alfabetizzazione digitale avevano la stessa probabilità di condividere articoli falsi di quelle meno
alfabetizzate: anche le persone con un’elevata alfabetizzazione digitale scivolavano sul “condividi”
per le notizie false. Perché succede? Perché non si è meno propensi a condividere le notizie false se
capiamo i meccanismi di internet e dei social media?

Social media e distrazione

Molto probabilmente, afferma lo studio, perché anche se le persone non vogliono diffondere disinformazione, i social media distraggono: le persone scorrono velocemente e la loro attenzione è attratta dalla convalida sociale e da altri feedback, come il numero di “mi piace” ottenuti dai loro post. Questo significa che spesso ci dimentichiamo di chiederci se una storia è vera o falsa quando valutiamo, anche se velocemente, se condividerla. Credere a una notizia e condividerla non sono la stessa cosa. Il fatto che un’informazione falsa spacciata per “notizia” sia stata condivisa milioni di volte non significa necessariamente che milioni di persone l’abbiano creduta vera; potrebbe essere che chi l’ha condivisa non abbia mai considerato se fosse vera o meno. E il fatto che qualcuno sia più bravo a distinguere i fatti dalle falsità, se si ferma a riflettere, non significa necessariamente che condividerà informazioni più accurate. La conclusione, sorprendente, è che l’alfabetizzazione digitale potrebbe non essere un fattore chiave per prevedere chi diffonde disinformazione sui social media. Nessuno è immune dalla possibilità di diffondere informazioni errate; quindi, prima di cliccare su “condividi”, fermatevi e chiedetevi se le notizie che vedete sono attendibili.

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