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Il nuovo trend di Musk e Zuckerberg: licenziare 

Elon Musk licenzia metà dei dipendenti del social e poi ritratta. Mark Zuckerberg licenzia 11.000 dipendenti e non ritratta. Le aziende tech sembrano in forte crisi e hanno un’unica soluzione: licenziare.

Sì, il settore tech mostra evidenti segni di crisi, dopo anni di crescita che si pensava inarrestabile (e invece no). E in crisi sembra proprio il modello di business delle più grandi aziende, che in molti casi hanno pagato lo scotto di decisioni strategiche sbagliate. Ecco perché stanno iniziando a licenziare i dipendenti, proprio dopo aver allargato notevolmente il loro organico.  

I motivi? Il boom di assunzioni avvenuto in seguito alla pandemia e alla crescita del settore tech che poi, dopo il ritorno alla normalità, è crollato portandosi dietro il peso economico di quelle assunzioni; il calo degli investimenti in pubblicità (tra le fonti di reddito più importanti per le aziende tech) per una situazione economica incerta; la guerra in Ucraina insieme alla crisi dei commerci mondiali, alla scarsità di materie prime e al rischio concreto di una recessione economica. L’unica soluzione dei grandi boss? Licenziare.

Mark Zuckerberg e Meta 

“Oggi condivido alcuni dei cambiamenti più difficili che abbiamo fatto nella storia di Meta. Ho deciso di ridurre le dimensioni del nostro team di circa il 13% e di separarci da 11.000 dipendenti di talento”. L’annuncio arriva in una lettera del fondatore ai dipendenti: il suo sfrenato ottimismo sulla crescita ha portato a un eccesso di personale in Meta. Zuckerberg ha dichiarato che il taglio si è reso necessario in seguito a “un aumento significativo degli investimenti” che non ha portato ai risultati sperati: “Non solo l’e-commerce non è più tornato ai livelli della fase acuta della pandemia, ma la recessione macroeconomica, l’aumento della concorrenza e il calo della pubblicità online hanno fatto sì che le nostre entrate fossero molto più basse di quanto mi aspettassi”.  

Zuckerberg paga l’accelerata fatta durante la pandemia, con 27mila assunzioni tra il 2020 e il 2021 e 15mila nei primi nove mesi di quest’anno, su un totale di circa 87mila dipendenti. Non solo: il Metaverso, quel nuovo mondo ancora tutto da costruire, gli è costato 3,7 miliardi di dollari e causerà ulteriori perdite nel 2023. “Ho sbagliato, e me ne assumo la responsabilità” scrive, ben conscio che deve convincere gli investitori della bontà dei propri sforzi in direzione del Metaverso e della sostenibilità del suo business basato sulla pubblicità online.  

Eppure, anche se in un anno il marchio Meta ha perso il 70% del proprio valore, con questo taglio di 11.000 persone i titoli del gruppo Meta avanzano del 5,37% a Wall Street e Zuckerberg ci ha guadagnato un discreto bottino. Tutto frutto del caso?

Elon Musk e Twitter 

Completata l’acquisizione di Twitter, Elon Musk, come prima cosa, ha fatto subito piazza pulita di metà dei dipendenti, licenziando brutalmente per primi i quattro top manager, come vi ho raccontato nel precedente articolo. L’obiettivo? Licenziare la metà dei dipendenti del social network, tagliando quindi circa 3700 posti di lavoro (la metà della forza lavoro del social), per rendere più snella ed efficiente l’azienda. Nei giorni precedenti alla conclusione dell’acquisizione, Musk aveva ipotizzato di tagliare addirittura il 75% dei dipendenti salvo poi smentire questa decisione.  

“Sfortunatamente non c’è scelta quando un’azienda perde oltre 4 milioni di dollari al giorno”, così si è giustificato Musk sul social, sottolineando anche che a tutti i licenziati, “sono stati offerti tre mesi di stipendio” come buona uscita, “che è il 50% in più di quello che è richiesto” dalla legge. 

Musk licenzia e poi ritratta: scatta la class action 

Nei giorni scorsi, poi, Elon Musk ha fatto marcia indietro, richiamando parte dei circa 3700 dipendenti licenziati venerdì 4 novembre. Lo rivela Bloomberg, che spiega come alcuni lavoratori siano stati mandati via per errore. Quanto agli altri impiegati ricontattati, invece, la direzione di Twitter si sarebbe resa conto dell’importanza delle loro competenze per realizzare le nuove funzionalità immaginate da Musk. Inoltre, continua a pubblicizzare decine di offerte di lavoro presso l’azienda sia su LinkedIn che sulla sua pagina Career.  

Intanto, in California, è stata avanzata da un gruppo di dipendenti licenziati una class action proprio contro Twitter, accusata di aver violato le leggi dello stato sul lavoro con i licenziamenti di massa. Twitter è stata citata in giudizio con l’accusa che i licenziamenti messi in atto violano le leggi federali e statali sul lavoro, in particolare il Worker Adjustment and Retraining Notification Act (Warn Act), in quanto l’azienda non ha dato ai lavoratori il preavviso minimo di 60 giorni. 

Sebbene Twitter non abbia risposto ufficialmente alle accuse, Musk ha spiegato che i massicci  licenziamenti fanno parte di un più ampio sforzo di Twitter per tagliare i costi in seguito al crollo  dei ricavi degli inserzionisti che hanno sospeso la spesa sulla piattaforma per problemi di  moderazione dei contenuti. 

Il rischio di bancarotta di Twitter 

Intanto, in mezzo al tira e molla sui licenziamenti, nella sua prima call in videoconferenza con tutti i dipendenti dell’azienda Musk ha sottolineato che la società corre il rischio di finire in bancarotta. Concetto che aveva già evidenziato nella mail indirizzata a tutto il personale poche ore prima, mail

in cui comunicava che il lavoro da remoto non sarà più consentito e che i dipendenti dovranno trascorrere almeno 40 ore settimanali in ufficio. Non solo, nella mail ha anche prefigurato obiettivi specifici nel suo modello di business, affermando che vuole che gli abbonamenti incidano sulla metà dei ricavi di Twitter, spingendo sui nuovi servizi di sottoscrizione introdotti. Ha dichiarato inoltre che se Twitter non riuscirà ad accelerare sui propri servizi a sottoscrizione, come quello annunciato per la “spunta blu” dei personaggi pubblici per contrastare la congiuntura economica che causa una contrazione dei ricavi da pubblicità, l’azienda potrebbe “non riuscire a sopravvivere”.

L’intero settore tech dovrà ora rimboccarsi le maniche per gestire una fase molto dura che, come stiamo già osservando, comporterà notevoli cambiamenti strutturali. Non solo, anche i governi e le istituzioni dovranno metter mano a una rivoluzione nel mondo del lavoro perché l’attuale metodologia gestionale non è adeguata a questo momento storico; ci vuole una tipologia di lavoro che sia più flessibile e che, allo stesso tempo, possa stimolare e supportare gli imprenditori. Se le istituzioni non capiranno tutto questo, diventerà normale leggere sui giornali il licenziamento di migliaia di dipendenti.

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